Come avviare la propria carriera imprenditoriale? Risponde Francesco Serravalle

Continuano gli incontri con gli evangelist del progetto “Student Entrepreneurship & Innovation” promosso ed organizzato dall’Università degli Studi di Salerno e la Fondazione Unisa.

Imprenditore di lungo corso, business coach ed esperto HR manager. Stiamo parlando di Francesco Serravalle che lo scorso 31 marzo ha incontrato i 50 studenti “innovators” – selezionati dall’ateneo salernitano – raccontando loro la sua esperienza imprenditoriale e personale, fornendo spunti di riflessione e consigli su come avviare la propria carriera e quali opportunità è importante cogliere oggi da chi si affaccia al mondo dell’impresa, dell’innovazione e del lavoro. Grande attenzione è stata dedicata ai temi dell’imprenditorialità, l’avvio di nuovi business e l’importanza del ricambio generazionale, tema – quest’ultimo – fortemente sentito dall’ospite che nel corso dell’incontro plenario ha ben spiegato come, secondo lui, è dalla collaborazione tra i diversi profili professionali e generazionali che è possibile creare nuovo valore aggiunto per le imprese ed il territorio.

A margine del meeting Serravalle si è trattenuto con alcuni studenti che hanno avuto modo di approfondire, in una conversazione informale, alcuni dei temi “caldi” affrontati dall’evangelist, che ha poi anche rilasciato una breve intervista.

A tu per tu con Francesco Serravalle

Cosa si aspetta dal progetto SEIUNISA? Cosa questa iniziativa può lasciare ai ragazzi e cosa può lasciare a lei?

Personalmente ho sempre cercato di ridare al mio territorio e alle nuove generazioni ciò che avrei voluto ricevere io e quindi sono contento di aver avuto l’opportunità di partecipare. Spero che nei ragazzi che partecipano si inneschi un vivo e sincero interesse e che da questo percorso riescano a cogliere e vivere esperienze significative all’interno dell’ecosistema dell’innovazione che sta nascendo da questa iniziativa.

Ha mostrato un forte attaccamento al territorio. Rispetto all’iniziativa in corso – tra le poche in Italia nel suo genere e sicuramente l’unica al sud – ritiene che il contesto locale in cui viviamo sia in grado di offrire le giuste opportunità per l’imprenditorialità, l’innovazione e l’assorbimento delle alte competenze specifiche che si vanno a formare?

Su questo mi sento di rispondere in maniera affermativa. Sicuramente un forte impatto lo ha dato l’avvento dell’economia digitale senza la quale, probabilmente, non sarei rimasto sul territorio. Al di là della classica affermazione “è un bel posto” è doveroso sottolineare che se siamo cresciuti con determinati riferimenti culturali ed estetici questo rappresenta per noi un sicuro vantaggio competitivo: se voglio investire in una start-up che opera nel turismo qui sono tra i migliori 10 posti al mondo in cui è possibile farlo. Poi certo i problemi ci sono a partire magari dalla burocrazia, dal sistema bancario ma è innegabile che qui si vive meglio che da altre parti e sarei sciocco ad andare fuori.

E in questo contesto la globalizzazione possiamo vederla come una opportunità o una minaccia? Come possiamo approcciarci al futuro del nostro territorio in questo contesto?

La globalizzazione ha dato una seconda opportunità a quei territori che erano indietro nello sviluppo economico e per coglierla è fondamentale che chi prende le decisioni riesca a fare rete e a creare un sistema. Da qui nasce il mio impegno in Confindustria. C’è poi da dire che l’essere diventato padre [nel 2015, NDR] ha contribuito nel farmi approcciare al tema in maniera diversa: vedo il futuro e il territorio in un modo differente rispetto a prima, gli investimenti su un territorio si fanno se si prevede di rimanere e per il futuro ed il benessere di chi verrà poi.

Quali sono quindi, secondo lei, le questioni più urgenti che bisogna affrontare a livello sistemico?

Una prima questione è sicuramente quella del cambio generazionale. Provocatoriamente potrei dire “meglio un giovane stupido che un anziano intelligente”.  Ne faccio una questione di orizzonte temporale: un anziano – per quanto capace ed intelligente – ha la tendenza a ragionare e ad operare le sue scelte nel breve termine. Le sfide che il mondo contemporaneo ci pone davanti richiedono invece pianificazione ed orizzonti temporali lunghi anche rispetto ai risultati che si vuole ottenere.

Un’altra grande questione è quella relativa alla necessità di ritrovare un certo “amor proprio” rispetto al territorio nonché una certa attenzione rispetto alla tutela dello stesso. È necessario saper fare squadra e sviluppare la capacità – per nulla italiana – di circondarsi di persone che “ne sanno” più di noi per poter aver l’opportunità di migliorarci ed imparare.

Erroneamente si potrebbe pensare che l’innovazione sia qualcosa che attiene prettamente le figure in area STEM, lei sembra invece suggerire che non sia così.

I team multigenerazionali, ovvero, quelli più trasversali in competenze sono i migliori. Il punto è proprio riuscire ad integrare le competenze: occorre essere costantemente aggiornati per capire quali sono i nuovi trend e questo lo si fa attraverso i social, il confronto tra i colleghi in ambiti diversi o che hanno vissuto esperienze ed ambienti differenti rispetto a noi.

A proposito di competenze, le imprese di oggi su cosa basano le proprie gerarchie?

Non c’è più l’idea che l’imprenditore deve essere il più bravo nel processo produttivo, in quello gestionale e in quello amministrativo. Chi ragiona ancora così, ha poco tempo di vita. Il modello di oggi si basa, come dicevamo, sulle competenze, dunque mettere le persone giuste al posto giusto. L’imprenditore deve essere bravo a costruire un sistema di controllo, ma non deve essere il più bravo a fare tutto.

Spostiamo un attimo il focus, invece, su due tematiche molto sentite oggi: sostenibilità e digitalizzazione. Come si pongono le aziende nei confronti di questi grandi cambiamenti che attraversano il mondo odierno?

Riguardo la digitalizzazione, è un dato di fatto. O ti adegui o resti parecchio indietro. È un percorso più facile, da un certo punto di vista, perché dipende dall’organizzazione e meno da fattori esterni. Per quanto riguarda la sostenibilità, invece, il discorso cambia un po’. Ci sono varianti esterne alla propria società, varianti su cui non si ha molto controllo. È un tema che è emerso fortissimo negli ultimi anni, ma sul quale gli Stati e le amministrazioni ancora devono trovare una quadra. Ecco, un imprenditore che pensa alla sostenibilità si troverà davanti normative e meccanismi complicati da mettere in atto. La strada è giusta, però c’è bisogno di più chiarezza e semplicità nella legislazione.

Ecco, e rispetto a queste tematiche, così come per l’innovazione, qual è il ruolo dell’università?

La ricerca è fondamentale, c’è poco da discutere. Gl’investimenti dovrebbero essere ancora maggiori, a mio avviso, e ci sarebbe bisogno di un efficientamento dei processi, ma non siamo messi così male in Italia. Certo, è innegabile che un certo gap ci sia tra nord e sud, perché gli Atenei del nord hanno un tessuto di collegamenti imprenditoriali più stretti, ma l’obiettivo deve essere lo stesso: non slegarsi dal territorio e collaborare con le imprese e gli imprenditori, ragionando su progetti concreti.

Approfittiamo della sua esperienza da imprenditore e innovatore per farle una domanda un po’ più pratica. Legge un curriculum: quali sono le cose che per primo le saltano agli occhi?

Le attività extracurriculari. Da lì capisco quanto hai voglia di fare, quanto ti sei dato da fare e in quali cose. Capisco un po’ di più la persona.

Concludendo quale consiglio si sente di dare a noi ragazzi?

A fine giornata domandarsi sempre “sono felice di quello che sto facendo?”. Se la risposta è “si”, vuol dire che stiamo crescendo e stiamo entrando in contatto con persone stimolanti che ci lasciano qualcosa: la felicità è un elemento fondamentale nell’apprendimento.